Alexander Beaton Galano

Intervista

1-¿En qué proyecto estás trabajando en estos momentos? Risposta 1
2- Elige dos palabras que sean las más importantes para ti hoy. Risposta 2
3-¿Por qué las elegiste, por qué son importantes? Risposta 3

Alexander Beaton Galano artista visivo nato a Guantánamo, Cuba nel (1968). Autodidatta dal 1990, ha sviluppato un discorso incentrato sull’identità all’interno dell’arte cubana contemporanea.

Nelle sue opere l’identità non è altro che il contesto di relazioni inevitabili un concetto – spazio in perpetua analisi e ridefinizione.

Nell’installazione multimediale esposta alla X Biennale dell’Avana (2009)La raza permanente”, Beatón costruisce un paesaggio geologico e multiculturale dove cerca di decostruire attraverso il dialogo, le immagini e le testimonianze un possibile sedimento dell’identità culturale, sociale e politica del suo ambiente segnato dalle forti esigenze della finzione che la contemporaneità impone come coscienza.

Beatón sfrutta le proprie esperienze e sensazioni come metodo creativo, assumendo l’arte come un fatto universale di coscienza, come uno strumento sociologico per l’esplorazione nella realtà e nei concetti che la illustrano. Molte delle opere di questo artista sono caratterizzate dall’interazione tra diversi generi e forme espressive, scultura, fotografia e video, azione che coinvolge oggetti quotidiani di natura domestica.

“El camino de la estrategia” (progetto di lavoro), un lavoro che esegue con il regista Pedro Gutiérrez dal (2009) Gli artisti esplorano le conseguenze generate dall’esistenza di una base navale statunitense in un contesto come Guantánamo Cuba. Si tratta di un’indagine sulle dimensioni della cultura nel contesto di ridefinizione locale, dove il problema dell’identità è sottoscritto da una circostanza. “Mnemotecnia” (2016) e “Sussurros” (2021) sono due progetti che rientrano in questa dinamica produttiva.

Nella sua produzione più recente “Algunas consideraciones acerca del dolor, el arte, el artista y yo” Beatón e Gutiérrez condividono la loro esperienza con il libro di poesie intitolato “Poesie da Guantánamo”. Parlano i detenuti, l’unica poesia carceraria che è stata scritta e pubblicata dalla base navale di Guantánamo.

Il progetto è un’opera audiovisiva in cui scultura e performance si combinano. L’intenzione è quella di costituire un dialogo tra la poesia di alcuni detenuti che compaiono nell’antologia e la poesia di José Ramón Sánchez Guerra, uno dei più significativi poeti contemporanei di Cuba residenti a Guantánamo. Un dialogo che si estende al contesto come parte del paesaggio rivelando punti sentimentali in comune.

Molte delle poesie furono prima scritte in arabo vernacolare poi tradotte in arabo classico, altre una combinazione di entrambi includendo alcuni dialetti locali e così via; per essere estratti dalla base sono stati tradotti in inglese da specialisti del Pentagono e infine in spagnolo che è la versione con cui sto lavorando. Penso che in tutto questo corso l’immagine lirica originale sia stata un po’ distorta anche mutata la sua forma poetica, anzi, non così, il suo significato, voglio esplorare in modo artistico lo stesso percorso, ma viceversa con lo strumento (AI) di google translator per condividere lo spazio politico che separa le parole da una traduzione all’altra e occupare con l’opera quel divario storico che allontana e unisce orrore e poesia.

Contatti: beatongalano@gmail.com
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